HISTOIRES NATURELLES
Brani vocali e musiche per pianoforte
di Maurice Ravel (1875-1937), omaggio per i 150 anni dalla sua nascita
Sabato 8 novembre alle ore 17:00, il Salotto Musicale di OperaExtravaganza ospita un concerto dedicato a Maurice Ravel, in occasione del 150° anniversario della sua nascita. Un percorso tra brani vocali e pianistici che ne restituisce la varietà timbrica, l’ironia sottile e la profondità poetica.
Protagonisti dell’appuntamento saranno il tenore Federico Spina e la pianista Louise Sibourd, interpreti di un repertorio che attraversa le stagioni creative di Ravel, tra miniature naturalistiche, suggestioni letterarie e virtuosismi strumentali.
Salotto Musicale di OperaExtravaganza
Sabato 8 novembre, ore 17:00
Contributo soci: 15 euro
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Posti limitati, prenotazione consigliata.
PROGRAMMA DI SALA
Sérénade grotesque/Serenata grottesca, per pianoforte – 1893
Histoires naturelles/Storie naturali (Jules Renard) – 1906
1. Le paon/Il pavone
2. Le grillon/Il grillo
3. Le cygne/Il cigno
4. Le martin-pêcheur/Il martin pescatore
5. La pintade/La faraona
Alborada del Gracioso, da: Miroirs, per pianoforte – 1905
Valses nobles et sentimentales/Valzer nobili e sentimentali, per pianoforte – 1911
Sainte/Santa (Stéphane Mallarmé) – 1896
Les grands vents venus d'outre-mer/I grandi venti venuti d’oltremare (Henri de Régnier) – 1906
Tre poesie di Stéphane Mallarmé – 1913
1. Soupir/Sospiro
2. Placet futile/Supplica futile
3. Surgi de la croupe et du bond/Sorto dalla groppa e dal balzo
“La menzogna, presa come potere d’illusione, è la sola superiorità dell’uomo sugli animali.” 1
Figlio di un ingegnere civile e inventore, Ravel eredita la passione per gli oggetti meccanici, l’automatismo, per la tecnica. “Ogni opera di Ravel rappresenta in questo senso un certo problema da risolvere, una partita in cui il giocatore complica per il suo piacere le regole del gioco; senza che nessuno lo obblighi, egli s’impone degli ostacoli e impara, come avrebbe detto Nietzsche, a “danzare nelle catene”… è la ricchezza nella povertà.” (2) La musica di Ravel, così inconfondibile, ha origini molto eterogenee. Egli comincia a scrivere sotto l’influenza e l’incoraggiamento di Claude Debussy; da lui fa proprio il rifiuto dell’individualismo romantico, il gusto della rappresentazione impressionistica, impersonale, dei fenomeni naturali, e l’ambivalenza tonale, la disinvoltu ra nei confronti dell’armonia tradizionale. Sua madre è basca ed egli, pur crescendo a Parigi, è legato alla musica basca e spagnola, e la traspone spesso nelle sue opere. Frequenta da giovane Erik Satie, grande eccentrico della musica parigina. In Franz Liszt ha un modello per la sperimentazione pianistica. Le sue prime composizioni sono nello stile di Emmanuel Chabrier, il più buffo e sensuale dei compositori francesi, considerato al suo tempo un di lettante, troppo vicino alla musica leggera, da cui apprende il senso del colore degli accordi e dell’orchestrazione. All’Esposizione Universale di Parigi del 1889, Ravel scopre la musica russa e asiatica, i modi antichi, le scale otta toniche, l’esotismo, le frizioni armoniche, la libertà ritmica, i colori orchestrali inauditi. Ravel lavora intensamente su Mussorgski, facendo l’orchestrazione dei Quadri di un’esposizione e l’opera Khovanchina. Allo stesso tempo, egli ammira la trasparenza di scrittura dei clavicembalisti francesi e la traspone sul suo pianoforte. Ma anche la musica di Mozart; nello spirito del classicismo egli coltiva l’economia tematica.
Ravel mostra grande disinvoltura nello scegliere i poeti da mettere in musica: Jules Renard e Stéphane Mallarmé si trovano agli estremi opposti dello spettro delle poetiche possibili. La sua musica oscilla fra una delicata malinconia e un’ironia ora sottile, ora tagliente. “Il linguaggio diretto e chiaro, la poesia profonda e nascosta dei pezzi di Jules Renard mi sollecitavano da molto tempo.” (3)
Ravel è affascinato dagli animali, e coglie l’occasione più volte per rappresentarli con la sua sorprendente ingegneria musicale. Se nelle Storie naturali le attività degli animali ci appaiono estranee, ripetitive, meccaniche, ridicole, vi si insinuano oscure analogie con la nostra esistenza. Si tratta innanzitutto di testi in prosa, una prosa secca, paratattica, segmentata, provocatoria. La minuziosa prosodia di Ravel è in gran parte in stile recitativo, gli slanci melodici sono rari e brevi. Ravel omette spesso le “e” mute del testo francese, per avvicinarsi il più possibile alla lingua parlata. Egli ha assistito a quasi tutte le rappresentazioni del Pelléas e Mélisande (1902), in cui Debussy ha spogliato l’opera lirica della sua magniloquenza fa cantare i personaggi come se parlassero. Con lui, ammira La camera dei bambini, il ciclo di melodie di Modest Mussorgski che per primo, in pieno XIX secolo, ha ricalcato il parlare quotidiano. Pierre Lalo, suo acerrimo critico, scrive: “Di tanto in tanto, quando si trova nel testo un passo particolarmente arguto, una battuta, una parola, il pianoforte si ferma, le armonie complicate tacciono; la voce da sola pronuncia la battuta; poi il pianoforte riprende, e le successioni di accordi si insinuano di nuovo. […] Fa pensare un po’ al caffè-concerto: il caffè-concerto con degli accordi di nona - sarei tentato di preferire il caffè-concerto tale e quale.” 4Per tutte queste ragioni, la prima esecuzione delle Storie naturali fa scandalo. Perfino Debussy è irritato dall’ “americanismo voluto delle Storie naturali” (5):
“Sono d’accordo con voi nel riconoscere che Ravel è estremamente dotato, ma ciò che mi irrita è il suo atteggiamento da prestigiatore, da incantatore di serpenti, che fa spuntare i fiori intorno a una sedia… Purtroppo un trucco è sempre una cosa preparata, che può stupire solo la prima volta!” (6) “Considero Mallarmé non solamente come il più grande poeta francese, ma come il solo, poiché egli ha re so poetica la lingua francese, che non era destinata alla poesia. […] Mallarmé, come un mago, ha esorcizzato questa lingua. Ha liberato i pensieri alati, i sogni incoscienti, dalla loro prigione.” (7) Mallarmé è un poeta difficile, oscuro, evitato dai compositori. Proust scrive: “Mallarmé è un conversatore brillante. Peccato che un uomo così dotato impazzisca ogni volta che prende in mano la penna.” (8)
Ravel è attratto dalla sperimentazione nella poesia di Mallarmé. Essa è concepita come dono, dedica, ritua le, omaggio funebre, legata a una circostanza e a un dedicatario, si sviluppa proprio nel suo pronunciarsi: “Un so litario, tacito concerto si dà alla lettura, alla mente che apprende, su una sonorità minima, la significazione […]” (9) “La caratteristica della poesia di Mallarmé è in effetti di far esplodere uno dei pilastri dell’immaginario linguistico francese, come esso almeno è stato costruito nei secoli XVIII e XIX, che è il carattere profondamente significante e costringente della sintassi, se s’intende per “sintassi” non solamente le regole della costruzione delle parole, ma anche l’organizzazione lineare della significazione [...]” (10) Proliferazione di subordinate, di incidentali, di ellissi, di asindeti.
Sainte/Santa (titolo nel manoscritto: “Santa Cecilia che suona sull’ala di un cherubino”) è una delle prime poesie pienamente mallarmeane, in cui il poeta sembra sparire. Costituita da una sola frase – una “poesia-frase” – s’ispira proprio alla musica: “Ciò a cui dobbiamo mirare soprattutto è che, nella poesia, le parole – che sono già abbastanza se stesse da non ricevere impressioni dall’esterno – si riflettano le une nelle altre fino a non sembrare più avere un colore proprio, ma essere solo le transizioni di una gamma.” (11) “La Santa della Musica è divenuta la Santa della Poesia, cioè allo stesso tempo la stessa e un’altra: una “musica del silenzio”, che fa della poesia una musica mentale […] la poesia, contrariamente alla musica, fa svilupparsi l’Idea in un teatro puramente mentale.” (12) Santa ha una forma bipartita con variazione: “Tutto il testo sembra così avere un movimento a spirale, per regressioni autocorrettrici, verso l’ossimoro impeccabile che lo conclude.” (13) Ravel mette in musica questa poesia nel 1895, a vent’anni. Gabriel Fauré, il suo maestro di composizione, gli obietta un’eccessiva ricercatezza, giudizio che molti gli ripeteranno in futuro. Nel 1913, Ravel mette in musica altre Tre poesie di Stéphane Mallarmé, in una doppia versione: una una con pianoforte e una con un ensemble strumentale (fiati, archi, pianoforte) – la scrittura pianistica di Ravel è sempre orientata a un’orchestrazione. Così egli scrive: “Era necessario che il contorno melodico, le modulazioni e i ritmi fossero altrettanto preziosi, altrettanto elusivi quanto i sentimenti e le immagini del testo.” (14) Resterà una delle sue opere più avanzate. “In Soupir/Sospiro, l’ideale non può essere raggiunto, ma solamente inseguito, tuttavia questo inseguimento rende possibile il suo riflesso, grazie al quale esso diventa percepibile.” (15) Il testo è strutturato appunto a specchio, e la musica forma un arco, come il getto d’acqua di cui si parla. “[…] la poesia conosce una potente rivalutazione: essa è come lo specchio che ha prodotto ciò che rappresenta. Essa non può che inventare, fingere un ideale. Essa mente, eppure in questo consiste la sua grandezza (“gloria”). L’assoluto inesistente non può essere rappresentato, ma solo fabbricato.” (16) Placet futile/Supplica futile è una poesia di giovinezza, ma rilavorata negli anni, un pastiche della poesia preziosa del XVIII secolo, nello spirito delle “feste galanti” di Verlaine. Anch’essa è quasi una “poesia-frase”. “…Ravel intenzionalmente oscura la sintassi armonica del discorso musicale, allo scopo di evitare cadenze conclusive e creare un centro tonale costantemente in movimento, che rappresenti i ripetuti, ma inutili tentativi dell’abate di formulare la sua richiesta alla sfuggente principessa.” (17) Surgi de la croupe/Sorto dalla groppa appartiene all’ultima fase di Mallarmé: “Dopo che il soggetto si è riti rato dal mondo, cosa resta? Gli oggetti proliferano nei sonetti dell’ultimo periodo, mobili, vasi, specchi, strumenti, gioielli, decorazioni, ninnoli vari […] che, proprio per la loro inutilità, esprimono l’assenza di chi ne ha saturato il suo arredamento quotidiano.” (18)
“Ogni cosa risiede nel suo opposto, esiste attraverso la sua mancanza, appare al momento di sparire, si abolisce appena nominata.” (19)
1. Ravel, Mes souvenirs d’enfant paresseux, La Petite Gironde, 12.7.1931.
2. Vladimir Jankélévitch, Ravel, p. 85.
3. Esquisse autobiographique, V.
4. In: Le temps, 19.3.1907.
5. Lettera a Louis Laloy, 22.2.1907
6. Lettera a Louis Laloy, 8.3.1907.
7. Ravel, Conversazione con Olin Downes, New York Times, 7.8.1929.
8. Mondanité de Bouvard et Pécuchet (1893), in Mémoire, p. 279.
9. Stéphane Mallarmé, Divagations, Poésie Gallimard, p. 270.
10. Gilles Siouffi, Sur quelques idéalités linguistiques de Mallarmé, p. 10.
11. Lettera a François Coppée, 5.12.1866.
12. Illouz, Musicienne(s) du silence, Revue de langue et littérature françaises de l’université de Tokyo, p. 4, 6.
13. Pascal Durand, Poésies de Mallarmé, p. 117.
14. Christopher A. Madden, Maurice Ravel’s affinity for Stéphane Mallarmé, p. 33.
15. Thomas Hilberer, Stéphane Mallarmé: Soupir… Le Glorieux Mensonge, Germanisch-Romanische Monatsschrift, Heidelberg, 2010, S. 309.
16. Ibidem, S. 322.
17. Madden, p. 34.
18. Durand, p. 127.
19. Ibidem, p. 170.

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