Conosci te stesso? nuovo Intermezzo musicale: presentiamo Santippe

 

CONOSCI TE STESSO (?)

SANTIPPE

di Monica Sanfilippo e Luigi De Filippi

Una donna fuori del comune – “Perché, Socrate, non educhi Santippe ma resti con una donna che è più fastidiosa di tutte quelle che sono state, che sono e che saranno?” Così si pronuncia Antistene, riprendendo quella che appare un’opinione diffusa nella cerchia degli amici di Socrate. Senofonte la definisce “la donna con cui fra tutte è più difficile andare d’accordo”, e Alcibiade, quando domanda a Socrate perché non si libera di una donna tanto intemperante, si sente rispondere “perché, abituato a sopportare una tal donna in casa, mi viene più facile sopportare la petulanza e l’intemperanza anche degli altri all’esterno”.

Nell’Intermezzo “Conosci te stesso (?)” - che andrà in scena con OperaExtravaganza il 13 e 14 luglio 2024 - Santippe è la vera protagonista: questa donna paziente e impaziente, innamorata e manesca, amorevole ma mai succube. In una società come quella ateniese nella quale sono gli uomini a dire le parole più importanti, c’è una voce femminile che si sente forte e chiara. Nel corso dell’operina Santippe ci spiega l’origine dei suoi malumori: lei è esasperata dalla mancanza di riguardi di suo marito, sempre pronto ad ascoltare tutti e ad accorgersi di tutti, meno che di sua moglie…  

Santippe sposa Socrate quando lei ha più o meno vent’anni e lui cinquanta. Ammirato da tutta Atene per la limpidezza del pensiero, l’onestà e la forza delle sue prese di posizione, non si può dire che sia un adone: è trasandato, rotondetto, col naso a patata. Lei non è bella ma ha personalità; essendo di buona famiglia, non le saranno certo mancate offerte di matrimonio da uomini di un certo rango; ma Santippe, evidentemente dotata di una acuta sensibilità, decide di legare il suo destino a questo filosofo un po’ distratto e vagabondo.

Bisbetici si nasce? – Mettiamoci per un attimo nei panni di questa giovane ateniese determinata e abituata a parlare schietto, che sposando un filosofo di quel calibro si era forse immaginata una maggiore condivisione del lavoro di lui; immaginiamo che poco dopo il matrimonio lei lo veda uscire di casa: “Dove vai?” gli domanda, allegra; lui la guarda, le fa il sorriso sardonico che riserva ai suoi interlocutori quando li invita a pensare di nuovo prima di dare una risposta; Socrate esce senza dire altro e non rincasa che a notte alta. Il giorno dopo, stessa scena. Lei conosce le usanze ateniesi, sa che le donne sono escluse da molte cose, ma magari aveva sperato di avere più voce in capitolo; le viene in mente quel che ha sentito di quel lontano popolo, gli Etruschi, dove è usanza che le donne prendano parte a tutte le cerimonie pubbliche. Fortunate etrusche!

Così la delusione porta alla disillusione; questa, a sua volta, porta al risentimento. Così capita che un giorno, all’alba, lei, dalla camera da letto al piano di sopra lo vede rincasare; non è alticcio (Socrate raramente eccede con il vino) ma sta ridacchiando, pensando a qualche storiella che qualcuno dei suoi amici ha raccontato; lei ha un impulso improvviso e incontrollabile: prende il primo recipiente pieno di liquido a portata di mano e glielo versa in testa! Lui non ha neanche il buon gusto di arrabbiarsi: con il suo irritante sorrisetto dice soltanto: “Non è forse vero che al tuono segue la pioggia?”. E questo non è l’unico episodio di questo tipo, ci saranno frequenti scenette di tempestosa vita familiare…

Si amavano? – Santippe, a parte gli scatti d’ira, è una moglie amorosa e sollecita. Platone, per esempio, non si unisce al coro degli insofferenti e la descrive come una compagna devota. Lei resta vicino al marito in ogni circostanza ed è addolorata e inconsolabile quando Socrate viene condannato. Nelle ultime ore la vediamo, il ritratto della costernazione, sciogliersi in pianto per l’imminente condanna a morte del marito, ma accetta serenamente di lasciare Socrate solo con i suoi discepoli per l’ultima lezione che il filosofo deve impartire, quella di insegnare a morire come si è vissuti. Che destino quello di Santippe di passare alla storia come l’emblema dell’irragionevolezza! Quanto hanno potuto in 24 secoli le lingue poco gentili dei seguaci di un grande filosofo, che per innalzare lui hanno dovuto sparare a zero su di lei! Ma il bello del teatro è che sul palcoscenico si possono rivedere giudizi e correggere dei torti. Senza la pretesa di rivelare alcuna verità suprema. Con arte, con spirito – con Stravaganza.

Disegni originali di Michela Mercuri

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